Sistemi di tornitura: cosa offre il mercato?
COSA OFFRE IL MERCATO DEI MACCHINARI SPECIALIZZATI IN SISTEMI DI TORNITURA? PLURIMANDRINI, MONOMANDRINI, MACCHINE CNC, TRANSFER...
Cosa offre il mercato dei macchinari specializzati in sistemi di tornitura? Plurimandrini, monomandrini, macchine CNC, transfer...
Quali sono le caratteristiche principali dei macchinari più utilizzati? E quali sono, soprattutto, i loro limiti.
Ecco una panoramica stringata che può aiutare a mettere a fuoco tanto le potenzialità quanto le principali problematiche del settore.
Macchine monomandrino (che possono lavorare sia da barra che da ripresa) › Si tratta della macchina base, cioè del concetto più diffuso di tornio, utilizzato anche oggi sia per produzioni limitate a poche decine o piccole centinaia pezzi, sia da barra (per lavorazioni semplici) sia da ripresa.
Limiti › I principali limiti di questo tipo di macchina sono scarsa produttività ed una flessibilità limitata che dipende anche dalla presenza o meno del Controllo Numerico. Si tratta, di fatto, di problemi comuni a tutte le macchine interessate da questa tipologia di lavorazione. Le macchine monomandrino sono state utilizzate in passato (e lo sono tuttora, in parte) in Cina, in India e in altri Paesi in via di sviluppo, cioè in realtà caratterizzate da un’ampia disponibilità di manodopera a basso costo, ma non specializzata in lavori di precisione. Per ottenere grandi volumi di produzione utilizzando macchine di questo tipo è necessario dotarsi di un elevatissimo numero di macchine, che realizzano ognuna una singola fase, o comunque una parte limitata, del ciclo di lavorazione.
I problemi legati a questa impostazione sono diversi. La produzione viene, di fatto, suddivisa su molti processi distinti, senza contare che ogni ripresa di lavorazione intermedia introduce di per sé nuove possibilità di errori e limita l’efficacia di un controllo di qualità che possa garantire gli standard, sempre più elevati, richiesti dal mercato.
Si deve inoltre considerare l’enorme dispendio di spazio e di manodopera addetta alla produzione e al controllo di qualità. Infatti, per soddisfare la richiesta di grandi volumi di prodotti con mezzi a bassa resa, i produttori di questi Paesi devono necessariamente dotarsi di un numero elevatissimo di macchine. Per chi abbia avuto la possibilità di guardare qualche foto, l’effetto è impressionante: centinaia di macchine e centinaia di persone che lavorano sullo sfondo di spazi enormi!
Macchine monomandrino o bimandrino di tipo svizzero (o a fantina mobile) › Queste macchine, a differenza di quelle della categoria precedente, soddisfano un mercato più ampio grazie all’utilizzo del controllo numerico CNC. Il nome parla chiaro: per quanto riguarda l’origine - Svizzera, appunto - ma anche per quanto concerne le applicazioni per pezzi precisi, di piccole dimensioni (orologi, ad esempio) pensati per produzioni numericamente limitate. La possibilità di utilizzare il CNC rende queste macchine molto flessibili e in grado di produrre pezzi più complessi. Le macchine a fantina mobile sono comunque adatte a lavorare componenti di piccolo diametro (inferiore ai 40 mm), in particolare quelli la cui lunghezza è significativamente superiore al diametro.
Si tratta di macchine che dispongono di diversi assi e che consentono la lavorazione simultanea delle facce anteriori e posteriori del pezzo, nonché l’utilizzo di utensili di tornitura, utensili rotanti ed utensili di foratura.
La barra, messa in rotazione da un mandrino, viene spinta all’interno una bussola di guida. Il movimento assiale del mandrino funziona come l’asse z nella macchina e gli utensili rimangono vicini alla bussola di guida, garantendo la stabilità di lavorazione per pezzi di piccolo diametro in rapporto alla lunghezza. L’utilizzo di contromandrino di ripresa, inoltre, consente inoltre di lavorare il pezzo completo sulle due facce.
Limiti › Quando si lavora da barra, i limiti con cui si deve fare i conti saranno quelli comuni a tutte le macchine che lavorano da barra, come vedremo più avanti quando parleremo dei problemi che l’uso della barra comporta. I limiti di una macchina a fantina mobile sono principalmente legati al diametro massimo della barra utilizzabile, che circoscrive il suo campo di utilizzo.
Il livello di produttività di questa macchina rimane basso, in quanto le lavorazioni sono eseguite in serie e non sono adatte per produzioni di volumi elevati, che superino, cioè, le decine di migliaia di pezzi in media. A causa della loro compattezza, inoltre, lo spazio per la regolazione e il cambio degli utensili è limitato e ciò comporta un tempo di setup elevato.
Torni bimandrino frontali a controllo numerico › Queste macchine consentono di produrre da ripresa pezzi che richiedono la lavorazione da un solo lato e, attraverso l’utilizzo di sistemi di automazione per il trasferimento dei pezzi dal primo al secondo mandrino, possono anche lavorare pezzi completi su entrambe le facce.
Per poter eseguire le lavorazioni richieste, utilizzano torrette portautensili e la disposizione frontale dei mandrini consente una migliore accessibilità da parte degli operatori su entrambe le unità.
Limiti › Il passaggio dei pezzi dal primo al secondo mandrino è piuttosto lento, perché richiede l’intervento di sistemi di movimentazione esterni. Non essendo possibile un passaggio diretto dei pezzi dal primo al secondo mandrino, non si possono garantire alti livelli di precisione e concentricità fra le lavorazioni di tornitura eseguite in successione con due prese differenti. Inoltre questo limita la precisione ottenibile in quanto non è possibile un passaggio diretto dei pezzi dal primo al secondo mandrino.
Monomandrino e bimandrino con mandrini verticali › Ci tengo a sottolineare che manca, in questa panoramica, l’analisi di torni verticali tradizionali (con naso mandrino verso l’alto). Si tratta di applicazioni particolarmente adatte per la lavorazione di pezzi di grandi e grandissime dimensioni (parliamo di applicazioni per il settore energetico e aerospaziale): in questo caso il campo dimensionale dei pezzi lavorati arriva a diametri dell’ordine di 5 o 6 metri con lunghezze considerevoli.
Invece, i torni verticali rovesciati (mandrino con testa rivolta verso il basso) hanno trovato un campo di applicazione piuttosto ampio, lavorando pezzi con rapporto fra lunghezza e diametro inferiore a 1 (applicazione tipica, flange di vari diametri anche superiori a 200/300 mm).
Limiti › Questi macchinari sono adatti solo per produzioni di nicchia, come le flange e i dischi freni, per esempio. C’è quindi un problema di flessibilità piuttosto marcato, senza contare che bimandrino e monomandrino con mandrini verticali rovesciati non sono adatti a lavorazioni da barra.
Anche in questo caso, il bimandrino verticale non consente il passaggio diretto del semilavorato dal primo al secondo mandrino. Per questo, si registrano perdite di tempo e problemi di precisione nel caso in cui si debba lavorare il pezzo su entrambe le facce.
Plurimandrino › Il plurimandrino nasce per lavorazioni da barra e per alte produttività. È costituito da una struttura che supporta un tamburo rotante ad asse orizzontale: su questo tamburo e attorno al suo asse di rotazione sono alloggiati generalmente 6 o 8 mandrini rotanti. Le barre vengono caricate dal lato posteriore dei mandrini stessi e fuoriescono anteriormente per eseguire le lavorazioni di tornitura.
Gli utensili sono fissati su slitte con movimenti radiali, in corrispondenza della posizione in cui si orienta il tamburo portamandrini. Il tamburo, ruotando di un sesto o un ottavo di giro (a seconda del numero di mandrini) posiziona i mandrini in corrispondenza delle slitte portautensili per effettuare le lavorazioni previste dal ciclo.
Il ciclo di lavoro si suddivide quindi su tutti i mandrini, con gli utensili che lavorano in parallelo: il tempo di lavorazione è quindi pari al tempo di lavorazione della fase più lenta, a cui va aggiunto il tempo di rotazione del tamburo portamandrini, a questo va poi sommato il tempo morto di cambio delle barre.
Si noti che la barra non può comunque essere lavorata completamente: l’ultimo spezzone (anche più di 200 mm) per motivi strutturali non può essere lavorato e deve essere scartato.
In pratica, il plurimandrino funziona come sei o otto macchine monomandrino che lavorano in parallelo e in cui ogni utensile interagisce in successione con tutti i mandrini presenti.
Questo tipo di macchine possono anche essere modificate per lavorare da ripresa, con un sistema che carica pezzi semilavorati direttamente all’interno dei mandrini stessi. Si tratta dei macchinari più utilizzati per produzioni di grandi volumi di pezzi torniti da barra, con precisioni medie.
Limiti › Il primo limite è legato alla complessità di attrezzaggio e rigidità di utilizzo che le contraddistingue: aspetti che rendono necessario il ricorso a manodopera altamente specializzata e lunghi tempi di setup, poco adatti nel caso di frequenti cambi di produzione per piccoli lotti.
Si tenga conto che, poiché ogni singolo utensile interagisce con tutti i mandrini, nel momento in cui si sostituisce o si regola anche un solo utensile è necessario fermare tutta la macchina e poi lavorare e controllare tutti i pezzi eseguiti in successione da tutti i mandrini, prima di poter validare la regolazione e ripartire con la produzione.
In genere, tutti i mandrini ruotano alla stessa velocità, che non è programmabile indipendentemente per ogni mandrino in base al parametro di lavoro più ottimale. Questo aspetto è un limite tecnologico che va tenuto in considerazione, perché influisce sia sulla vita degli utensili che sulla qualità del prodotto finito, specialmente nel caso in cui si debbano lavorare materiali più impegnativi.
Si presentano, quindi, sia problemi di attrezzaggio sia limiti legati al fatto che bisogna far ruotare diverse barre contemporaneamente. Sul piano pratico, questo significa dover affrontare i normali problemi legati alla barra, moltiplicati però per il numero di barre utilizzate.
Come accennavo prima, i plurimandrini possono lavorare anche come macchine da ripresa, ma con sistemi di caricamento complessi e poco pratici per la difficile accessibilità alla zona di carico e all’area di lavoro.
Transfer › In questo caso, abbiamo un infiltrato! È stato inserito in questa carrellata perché si tratta di un macchinario utilizzato frequentemente. Detto ciò, il transfer - a differenza di tutti gli altri macchinari in elenco - non è un tornio. Viene però utilizzato - ed è questo il motivo per cui lo descriviamo - in alcuni casi anche per lavorare pezzi ricavati da barra. La maggior parte delle lavorazioni effettuate con il transfer avviene a pezzo fisso (non rotante), il che significa che questo tipo di macchinario non è adatto per ottenere pezzi torniti.
La precisione e il grado di finitura, inoltre, non sono elevatissimi.
Perché viene utilizzato, quindi? In certi casi, quando la precisione è sufficiente, i transfer riescono a garantire un livello di produttività piuttosto alto. Il ciclo di lavoro viene infatti suddiviso su più stazioni e più unità portautensili disposte radialmente attorno a un corpo centrale.
Questo corpo centrale rotante sposta i pezzi da lavorare, bloccati in morsetti di serraggio, in più stazioni di lavoro successive che lavorano in parallelo. Si tratta, quindi, di un concetto simile al plurimandrino, con la differenza che nei plurimandrini si mette in rotazione la barra, mentre nel transfer si mettono in rotazione gli utensili. Come il plurimandrino, quindi, è un macchinario adatto ad alti volumi di produzione, che viene utilizzato impropriamente in alcuni casi per lavorare pezzi da barra o comunque assialsimmetrici.
Limiti › Il transfer può essere indicato per produzioni di grandi volumi ma, come per i plurimandrini, l’attrezzaggio è complesso e richiede tempi lunghi e costi elevati, per il numero e la complessità sia delle attrezzature che degli utensili speciali che vengono utilizzati.
I livelli di precisione ottenibili non sono elevati, soprattutto per lavorazione di pezzi assialsimmetrici; questi, infatti, richiedono una lavorazione di tornitura (pezzo rotante) per ottenere buoni livelli di finiture superficiali e tolleranze dimensionali ristrette.
Inoltre, l’architettura stessa delle macchine transfer non agevolano particolarmente la gestione e l’evacuazione dello sfrido lungo che si ottiene quando si lavorano materiali quali acciai stampati a freddo, ottoni senza piombo o simili.